ARTE NELL'ANNO DELLA FEDE
I MAGI Di
TOMMASO E MATTEO BIAZACI A SAMPEYRE
La recente presentazione del
libro "Tommaso e Matteo BIAZACI di Busca" edito dall'Associazione
E.Bafile, che conclude anni d'attività avviati sin dall'85 per la conoscenza di
questi artisti buschesi, ci offre l'opportunità di parlare, in questo tempo post-natalizio, di un'opera tra le
più belle: l'adorazione dei Magi dipinta dai Biazaci nella cappella delle
storie dell'Infanzia della Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo a Sampeyre.
Dei Fratelli Biazaci - una bottega del Quattrocento locale, che si firma "de
Buscha"- è stata ipotizzata l'appartenenza all'ordine francescano in quello
che era l'antico convento di S.Maria degli Angeli nel sito dell'attuale Villa
Bafile. Si collegano al movimento
francescano molte opere di questi artisti, in Piemonte nelle nostre valli e in
Liguria: affreschi con i racconti evangelici della vita di Cristo della
Passione, di Maria e dei Santi e l'Oltretomba, temi della
didattica cristiana e quelli delle
tradizioni popolari dei racconti
apocrifi e nella Legenda aurea di
Jacopo da Varagine. Questi temi sono stati espressi dai Biazaci con una loro particolare sensibilità
iconografica e didascalica, "un racconto lento e pausato" dice L.Antonioletti, la precisa attenzione ai contenuti biblici e
la ricerca di una bellezza vivificata dalll' afflato spirituale che li
caratterizza.
L'epifania, manifestazione di Cristo al mondo, con i suoi
protagonisti, i "magi" "venuti dall'Oriente" in visita a Gesù, ha suscitato sempre grande interesse
storico-scientifico-astronomico e specialmente artistico. Questi rappresentanti di una fede che è ricerca e decisione,
apertura, studio e contemplazione,
diventano esempi privilegiati per un anno che propone la riscoperta della fede
e l'annuncio della novità cristiana. Il papa nel suo libro
"L'infanzia di Gesù" sviluppa in un ampio capitolo (p105-125) il discorso
sui Magi, presentandone la dimensione teologica e spirituale per una precisa comprensione del testo di Matteo.
Chi sono i Magi? Matteo non spiega nulla di
questi rappresentanti del primo
annuncio di Cristo ai pagani, dice solo che essi provengono dall'Oriente e che,
seguendo una stella, giungono al luogo dove si trova il bambino, lo adorano e
gli offrono doni. Non dice quanti
erano, né i loro nomi e neppure che
fossero re. Sono "magi". Il termine màgos
nel Vecchio Testamento è sinonimo di stregone; essi potevano essere
aruspici, sapienti, sacerdoti di Zoroastro astronomi, come testimoniano a Babilonia tavole di terracotta con calcoli astronomici. Nella lingua di
provenienza - sanscrito o persiano il termine assume il significato di
"grande", di "dono" e anche Matteo, con
accezione positiva, li chiama Magi e, mentre Clemente d'Alessandria nel
sec.III dice che erano persiani e
Giustino li dice arabi, Tertulliano e
Origene affermano che erano Caldei o babilonesi, portatori di una conoscenza
religiosa e filosofica sviluppatasi in quegli ambienti. Essi sono ricercatori
del divino e della sua attesa manifestazione "I sapienti d'oriente -
dice il papa (pag.113) - rappresentano l'incamminarsi dell'umanità verso
Cristo, inaugurano una processione che percorre l'intera storia".
Il tema ha esercitato un fascino particolare sugli artisti di
tutti i tempi, sin dalle origini catacombali, dove la visita dei Magi a Gesù
tra le braccia di Maria, venne raffigurata già all'inizio del terzo
secolo nella catacomba di Priscilla.
L'opera di Sampeyre, fu realizzata dai Biazaci nella lunetta che conclude i riquadri con le
storie dell'infanzia, intorno alla stupenda Vergine dell'hortus conclusus.
I Magi che, alla luce del Salmo 72 e di
Isaia 60 sono diventati re e, spesso, vestiti secondo la moda quattrocentesca, immagini dei signori del tempo,
a Sampeyre, nei loro abiti sontuosi, campiscono armoniosamente la lunetta.
Anche la corona espressione d'identità
regale, ha un tono dimesso e viene gradualmente sostituita dal copricapo
rinascimentale. Non c'è ancora il magio nero che farà la sua comparsa solo nel
500: il nuovo mondo scoperto nel 1492 era ancora ignoto ai pittori che
realizzarono quest'opera verso il 1470; appare invece, a trattenere i
cavalli, il paggio nero, preludio di quel magio, che esprimerà l'universalità di Cristo al di là delle razze e delle provenienze.
L'attenzione
per la natura si rivela, nell'opera dei Biazaci, nella considerazione di
speciali particolari. Nell'adorazione di Sampeyre realizzata sullo sfondo di un
vasto paesaggio alpino popolato di boschetti e piccole città cinte di mura "è
possibile - dice S. Manavella - che i Biazaci si siano ispirati a specifici
tratti della catena prealpina cuneese e saluzzese nel concepire questo
splendido sfondo naturalistico". Su questo sfondo brilla la stella che i
magi avrebbero seguito. La stella, perfetta graficamente è, simbolicamente, a otto punte, immagine
originata da due quadrati incrociati, simbolo di Gesù signore del cielo e della
terra, "luce per illuminare le genti" (Lc.2,32).
Sul piano scientifico sono state fatte ricerche e
supposizioni sulla natura di questa stella. Dice il papa a pag 110: " La
congiunzione astrale dei pianeti Giove e Saturno nel segno zodiacale dei pesci
avvenuta negli anni 7-6 a.C. sarebbe stata calcolabile per gli astronomi babilonesi e avrebbe
indicato loro la terra di Giuda. Affinché la stella, o quel fenomeno celeste, potesse diventare un
messaggio, doveva aver avuto notizia del vaticinio di Balaam il sapiente
di Nm. 24,17, il quale vaticinando su Israele dice: "Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe, uno
scettro da Israele".
La stella, nell'antico Oriente, è segno di un dio e
dunque di un re divinizzato. Quello di Balaam è allora un grande annuncio, per
questo la sua figura diventa il cardine di questa tematica ed è sempre presente nella primitiva iconografia della
Natività e dell'adorazione dei Magi.
Balaam è stato talvolta identificato con lo stesso
Zarathushtra o qualcuno dei suoi successori, cosa che nella tradizione
apologetica patristica dei primi secoli non creava difficoltà, perché
testimoniava l'accoglimento della profezia sul Messia da parte dei
popoli.
Altri particolari poetici ma collegati alla Scrittura
sono i due animali caratterizzati da grande tenerezza introdotti sin dalle raffigurazioni
catacombali per esprimere il passo di Isaia 1,3" Il bue e l'asino conoscono
la greppia del padrone, ma il mio popolo non compende". A Sampeyre gli animali sembrano cercare
nella greppia quel Bimbo che ora è sulle braccia della Madre e riceve
l'omaggio dei magi. La stessa tenerezza appare nel gesto sollecito di Giuseppe
che secondo la tradizione apocrifa prepara il cibo alla puerpera o, forse,
offre qui un segno di gentile ospitalità. Uscendo dalla capanna porge il piatto
con umile premura di servizio. Un'immagine molto significativa questa di
Giuseppe: "Solo i segni di grandezza nell'amore dice B.Maggioni - appartengono al Vangelo, che ci invita a
solidarietà, servizio, condivisione"
Mirella Lovisolo
BIBLIOGRAFIA:
Associazione Culturale E.Bafile, "Tommaso e Matteo
BIAZACI di Busca" Cuneo 2012
BENEDETTO XVI, L'infanzia
di Gesù, Roma 2012
J.DANIéLOU I Simboli Cristiani
Primitivi Roma 1997