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Dalle origini del cristianesimo nel territorio, alla costituzione della Diocesi di Saluzzo

L’ABBAZIA DI STAFFARDA

·         IL LUOGO

       La suggestione del complesso dell’Abbazia di Staffarda che emerge dal contrasto cromatico del rosso sulla distesa verde della campagna punteggiata dalle  bianche mandrie al pascolo sull’azzurro del cielo e lo splendore delle montagne, costituisce un paesaggio dall’incanto fuori del tempo.  E’ la più cospicua tra le realtà monastiche del territorio saluzzese, costruita almeno tre secoli dopo le altre grandi abbazie di fondazione longobarda. Sull’esistenza nel luogo di altre realtà abbaziali prima dell’attuale, non ci sono documenti scritti (C.Tosco, in Abazia di Staffarda, convegno SSSAAPC 1998 p 193) ma l’antichità del cristianesimo nel luogo è documentata dell’epigrafe di Onorata datata “mercoledì 6 febbraio 620” scoperta nel 1811 nel pavimento di una stalla dell’abbazia. Dice Coccoluto: “verosimilmente originaria del sito, l’epigrafe è probabilmente testimonianza di un “qualcosa” che ha preceduto l’insediamento monastico cistercense. Si potrebbe pensare anche che esso si fosse innestato su una chiesa campestre.. e un nucleo abitativo potrebbe essersi già coagulato intorno a questa presunta primitiva cappella… A dar corpo all’ipotesi concorrerebbero  avanzi di mura e di coppi romani nella regione…” (G.Coccoluto, cit. 1998, p.22)

·         ORIGINI

          La fondazione del monastero fu  promossa, dice una bolla pontificia del 28 marzo 1144, dal marchese Manfredo, da sua madre e dai suoi fratelli. Il più antico  catalogo dell’abbazia precisa e anticipa la data al 25 luglio 1135 elencando i nomi dei figli di Bonifacio del Vasto, donatori del terreno per la costruzione “in loco qui dicitur Sala”. Staffarda, è la terza abbazia fondata e promossa da un ramo della stirpe aleramica che cercava di radicarsi nella zona. (R.Comba, cit.1998, p 73,74).

       Per lunghi secoli nel Medioevo abbazie e monasteri  sono luoghi attorno cui l’aristocrazia costruisce l’identità dinastica. Comunità di preghiera  per la salvezza propria e dei benefattori, le abbazie erano anche capaci di esprimere forme di solidarietà sociale e politica e “si proponevano come poli di attrazione, ma soprattutto come strumenti per sacralizzare il territorio perciò ogni potere “legittimo” doveva garantire ai propri sudditi questa presenza santa” (L. Provero, cit. p 86,87) La scelta di concentrare a Staffarda la pietà religiosa degli aleramici Del Vasto appare come uno strumento per affermare la legittimità del loro potere, punto di aggregazione per l’aristocrazia locale; così Staffarda, nel tempo,  venne situata al centro delle dinamiche politiche del marchesato; nell’Abbazia, i marchesi ebbero le loro sepolture.

·         I MONACI

         I primi monaci che si stanziarono a Staffarda erano i Cistercensi, fondati da San Roberto di Molesne nel 1098 a Cîteaux  (Cistercium) presso Digione; l’ordine che avrà pieno sviluppo con Bernardo di Chiaravalle nel 1112.  Quest’istituzione che interpretava le aspirazioni dell’Europa ad un ritorno alla semplicità di vita evangelica, alla metà del XII secolo contava 350 monasteri, alla fine del XIII, 700. I monaci che fondarono il cenobio di Staffarda provenivano dall’abbazia ligure di Tiglieto, figlia della francese La Ferté. Secondo gli Statuta i nuovi cenobi dovevano essere costruiti in boschi lontani dai centri abitati.  L’area  paludosa e ricoperta della fitta vegetazione  della Silva Staffarda rispondeva pienamente alle idealità cistercensi primitive; i monaci,  vivendo l’ora et labora, erano bonificatori e colonizzatori, 4-5 ore al giorno di lavoro, nei campi o allevando il bestiame, il resto dedicato alla preghiera e all’osservanza della regola.

         Nel sec XII si colloca il prosciugamento del lago esistente tra il monastero e Revello. Con        

 il lavoro dei conversi  i monaci trasformarono  il luogo inospitale in una fiorentissima azienda agricola con fiere e mercati. Numerose le “grange” (le dipendenze ad uso agricolo) dell’abbazia a Lagnasco, Pommarolo, La Morra in Val Bronda,  Torriana presso Envie, Fornaca a Scarnafigi, Carpenetta a Casalgrasso.  I cistercensi contribuirono così  in modo effettivo, al progresso della civiltà e tutti coloro che lavoravano nei loro possedimenti, diventavano uomini liberi dalla servitù della gleba.

         La vita dell’abbazia, che  è documentata dall’abbondante Cartario dell’abbazia di Staffarda, venne approvata nel 1144 da Papa Celestino, Federico Barbarossa la convalidò con proprio documento. Innocenzo IV affidò all’abbazia l’incarico di visitare il monastero femminile di Rifreddo. Nel 1267 è in diretta dipendenza dal papa

·         IL MONASTERO

L’importanza di Staffarla nella storia dell’arte si evidenzia quando appare all’orizzonte il profilo  degli edifici del centro monastico. I manufatti architettonici e artistici erano “concretissime forme di comunicazione, affinché attraverso qualcosa di materiale si possa vedere qualcosa dell’immateriale per eccellenza, il sacro e il divino” (G.G.Merlo, cit. 1998, p 16)   La chiesa, è stata costruita tra il1150-1210  nella stupenda essenzialità cistercense, in uno stile romanico-lombardo con impianto basilicale a tre navate terminanti in absidi semicircolari con galleria. Il  campanile dalla guglia aguzza a più piani scandito da bifore è stato costruito solo nel 1250, per gli Statuta infatti, le chiese cistercensi non avevano il campanile. L’elegante Chiostro col colore rosso del laterizio scandito dalle bianche colonnine del portico, sul verde dell’erba, era il centro della vita monastica; su di esso si affacciavano  gli edifici utilizzate dai monaci nelle loro faccende quotidiane: la sala capitolare, il refettorio il laboratorio, la foresteria, ma all’epoca c’era anche l’ospedale e il cimitero, il dormitorio, l’orto e la biblioteca con 70 codici miniati del sec XII (Biblioteca Nazionale di Torino) e uno scriptorium interno, che ha lasciato pregevoli esempi miniati.

     Il chiostro come altre strutture fu in gran parte distrutto nella battaglia del 18 agosto  1690 vinto dall’esercito francese di Catinat, contro le truppe austropiemontesi comandate da Vittorio Amedeo I .

       La facciata della chiesa a salienti, è divisa in tre arcate cieche entro cui si aprono altrettanti oculi; preceduta da nartece a cinque campate ha una  decorazione monocroma dell’inizio sec XVI secondo lo stile dei palazzi marchionali. Nell’interno a tre navate l’effetto sobrietà ed essenzialità gioca con l’elegante e semplice contrasto del bianco e rosso che, in seguito al restauro de 1923-27, scandiscono l’articolazione delle nervature.

·         OPERE D’ARTE

        L’ancona dell’altare maggiore consacrato a Maria nel 1531, è in legno scolpito policromo dorato con episodi della vita di Cristo entro nicchie centinate dipinte, la predella e gli sportelli presentano scene del nuovo Testamento della vita di Gesù e Santi. L’opera è di Pascale Oddone da Trinità.   Il prezioso coro degli anni 1520-1530, attribuito ad un  intagliatore francese, si trova dal 1846, per disposizione di Carlo Alberto,  in parte dalla chiesa di Pollenzo, in parte nel Museo Civico di Torino. Stupendo il pulpito tardogotico di ispirazione borgognona, addossato al pilastro, la crocifissione lignea, di probabile provenienza tedesca del ‘500 e l’altare di fondo della navata laterale firmato nel  1525 da Agostino Nigro 

       Secondo la regole di S Benedetto  i monaci praticavano l’ospitalità per chiunque si presentasse in nome di Cristo. Nel monastero si preparavano i pasti destinati agli ospiti accolti nella foresteria e nel refettorio dei pellegrini

·         DECADENZA

       Nel sec XV, lo sviluppo economico, la rilassatezza della disciplina e altri eventi, diedero inizio per Staffarda, ad una progressiva decadenza. Il complesso fu dato in commenda. Dopo le distruzioni del 1690 e la ricostruzione del 1750,  il papa Benedetto XIV la concesse all’Ordine dei Santi  Maurizio e Lazzaro attuali proprietari. Nel 1804 la chiesa divenne parrocchia.

       Oggi la porta settentrionale di accesso all’abbazia che stava a significare l’abbandono delle tenebre del mondo  e l’ingresso alla pace, alla luce, alla perfezione evangelica è murata, simbolo di un tempo ormai passato;  ma nella sera, il silenzio che avvolge l’abbazia restituisce il significato vero di quel luogo: il senso dell’infinito, la nostalgia di Dio.

                                                                                                                                  Corriere di Saluzzo  28.4.2011

                                                                                         

BIBLIOGRAFIA: R.Comba G.G.Merlo, L’Abbazia di Staffarda e l’irradiazione cistercense nel Piemonte           

                            Meridionale, Atti del Convegno SSSAAPC, Revello 1998, Cuneo 1999

                            Piovano-Fogliato, Abbazie e Certose

 

 

 

 

 

 



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